Roma, addio sogni di gloria: la coppa va a Siviglia tra le polemiche arbitrali

Non ce l’ha fatta la Roma di Mourinho a conquistare la sua seconda coppa europea consecutiva, superata all’ultimo furlong dai più esperti avversari del Siviglia.

Una finale infinita, prolungata da una lunghissima serie di infortuni, scontri, proteste e controlli del VAR, tutto il copione a cui ci ha abituato la Roma in questi due anni. I giallorossi hanno giocato però una partita diversa dal solito, partendo forte, pressando alti e cercando quasi costantemente la verticalizzazione.

Quasi, perché fatale le è risultato un quarto d’ora, a cavallo tra i due tempi, in cui ha pensato solo a difendere il vantaggio acquisito con Dybala, finendo trafitta dal fuoco amico di Mancini, che ha regalato l’1-1 agli andalusi.

Per il resto la partita è stata sempre in equilibrio, il Siviglia ha fatto più possesso ma la Roma ha sempre ribattuto colpo su colpo anche ai supplementari, quando, proprio all’epilogo, Smalling ha colpito una traversa che è sembrata un triste presagio di ciò che sarebbe stato di lì a poco

Immancabili, come in tutti i casi in cui la Roma non vince, le proteste di Mourinho verso l’arbitro Taylor. “Una fottuta disgrazia”, così lo ha definito il tecnico portoghese nel sottopassaggio dello stadio Puskas di Budapest, alla presenza del designatore Uefa Rosetti

La direzione di gara non è parsa sempre sicura, condizionata comunque, in qualche senso, dalle abituali proteste dei giallorossi, che non perdono il vizio (non tollerato in Europa) di chiedere cartellini agli avversari ad ogni azione.

E se la Roma ha reclamato per un mani in area avversaria, che ci poteva stare anche se il giocatore del Siviglia ritrae il braccio – comunque non aderente al corpo -, anche gli spagnoli hanno protestato vivacemente per l’azione che ha portato al gol di Dybala, per un possibile fallo di Cristante

La Roma ha visto quindi sfumare la coppa ai rigori, è la seconda volta che le accade nella sua storia, 39 anni e un giorno dopo la tremenda serata di Coppa Campioni con il Liverpool.

Il Siviglia ci è arrivato senza dubbio meglio, con la possibilità di schierare i suoi tiratori migliori e un portiere che già ai mondiali ci aveva mostrato il suo valore.

La Roma, per contro, ha dovuto fare a meno di tutti i suoi rigoristi, dallo stesso Dybala, a Pellegrini, Abraham e infine anche Matic: facile parlare adesso, naturalmente, ma forse queste sostituzioni andavano gestite diversamente, visto l’andamento del match.

Ci ha lasciato molte perplessità vedere sul dischetto Mancini e Ibanez, due difensori, entrambi già protagonisti di una serata nera e (soprattutto il brasiliano) di una stagione “sfortunata”, con El Sharawy, Belotti e Wijnaldum a guardare.

Con questa finale volge all’epilogo la stagione, anche se ci sarà l’ultimo appuntamento contro lo Spezia, per evitare il settimo posto che – qualora la Juve non venisse squalificata dalla UEFA – vorrebbe dire Conference invece che EL. Tempo di bilanci dunque, e a noi il consuntivo sembra assai deficitario.

Sono stati due anni di sogni, di coppe e di campioni, ma anche due anni di sesto posto (quest’anno solo grazie alla squalifica della Juve), due eliminazioni al secondo turno di Coppa Italia (con la Cremonese!) e, quel che è peggio, due anni in cui il livello di gioco è drammaticamente scaduto e la squadra non ha mai acquisito un’identità in campo.

Due anni in cui si sono spesi più di cento milioni per il mercato, la Roma ha il terzo monte ingaggi di serie A, e ha lasciato partire, gratis o per pochi spiccioli, una serie di elementi che l’anno prossimo giocheranno in Champions: Pau Lopez, Veretout, Florenzi, Pedro, e soprattutto Mkhitaryan e Dzeko, che addirittura sono attesi alla finale della coppa più ambita. Macigni, che pesano su questa gestione.

Il futuro di Mou peraltro non è ancora chiaro, e questa delusione sembra poterne accelerare l’addio

Diego De Mattia

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