Processo Juve, che farsa: il calcio italiano ha di nuovo perso la faccia!

Settecentodiciottomila euro. È l’obolo che la Juventus dovrà versare in seguito al patteggiamento con la procura FIGC per il secondo filone processuale, la cosiddetta “manovra stipendi”.

A pochi giorni di distanza dalla chiusura del primo processo, il club bianconero archivia così le proprie pendenze con la giustizia sportiva, almeno per quanto riguarda i confini nazionali.

Diciamolo chiaramente: è una decisione che ci lascia esterrefatti. La stessa penalizzazione di soli 10 punti ci aveva lasciato molto sorpresi, soprattutto alla luce delle motivazioni della sentenza, che ha confermato l’evidente violazione del principio di lealtà sportiva.

Il club bianconero,infatti, ha tratto un chiaro vantaggio economico dalla manipolazione dolosa dei documenti contabili (confermata dalla piena consapevolezza dei dirigenti coinvolti nelle condotte criminose poste in essere), e questo ingiusto beneficio si è concretizzato in maggiori disponibilità finanziarie, maggiori introiti, aumentate possibilità sul mercato e – in definitiva – una concorrenza sleale a danno degli altri competitori, oltre che dei suoi stessi stakeholder.

Del resto, quella stessa sentenza era stata preceduta dai pareri dei due più alti esponenti dello sport e del calcio in Italia: il Ministro dello Sport Abodi e il Presidente FIGC Gravina.

Due pareri autorevoli, quanto fuori luogo. Se il primo si era già espresso con un evangelico quanto sibillino “di soggetti che abbiano titolo per scagliare la prima pietra ce ne sono pochi”, Gravina è andato ben oltre, spendendo la reputazione dell’organo che presiede, oltre che la propria.

“È fondamentale recuperare in termini di credibilità un brand straordinario come quello della Juventus”.

Parole dissennate, espresse da chi piuttosto dovrebbe tutelare lealtà e rispetto delle regole della competizione, e invece mortifica la credibilità stessa dell’ente che dirige.

Evidentemente per Gravina il brand Juventus merita una tutela diversa da quella garantita a società come Cesena e Chievo, retrocesse e accompagnate al fallimento per molto meno.

O di Napoli e Fiorentina, a suo tempo cancellate dalla mappa del calcio professionistico per buchi di bilancio che, rispetto agli artifici contabili della Juve, rappresentano poco più di mancia.

E lo stesso Gravina, a conclusione del patteggiamento, ha esultato felice, dichiarando che si tratta del risultato più bello per il calcio italiano. Vorremmo poter dire a Gravina che il risultato più bello per il calcio italiano sono le tre finaliste nelle coppe europee, tra le quali non figura la Juventus.

Che la vergogna di questa sentenza si aggiunge alle due edizioni dei mondiali saltati, perché evidentemente perseguire il bene di un club non coincide con gli interessi di tutto il movimento-calcio, che a quanto pare arriva in second’ordine.

Ci si aspettava da questo secondo filone d’indagine una pena molto più severa che per il primo. Da più parti si parlava di 30/40 punti di penalizzazione, alcuni autorevoli commentatori paventavano perfino la retrocessione in B, e invece con questo patteggiamento la Juve se la cava con una multa che equivale più o meno a una mensilità di un suo tesserato, laddove il reato contestato ha portato benefici di bilancio (e probabilmente anche fiscali, trattandosi di emolumenti non dichiarati) stimabili in almeno 40 milioni di euro.

Ricordiamo peraltro la genesi di questo procedimento in sede sportiva: aperto ad aprile ‘22, esso era stato sbrigativamente archiviato dalla corte federale; che però, in seguito all’avvio dell’indagine della Procura di Torino e della Consob, si era vista costretta a riaprire il caso.

A nostro avviso questa inopinata composizione della vicenda mina in modo definitivo la credibilità della giustizia sportiva e di tutto il calcio italiano.

Con quale attendibilità si potranno perseguire e punire reati del tipo di quelli in oggetto, che violano la lealtà sportiva? Con quale credibilità si faranno rispettare le norme – in campo e fuori – se un Presidente federale pubblicamente si schiera, come il più accanito degli ultras, a favore di un club?

Negli ultimi quarant’anni la Juventus è stata protagonista di un’infinità di scandali, dentro e fuori il rettangolo verde. Da molti di essi, la maggior parte, si è salvata, in altri ha pagato un prezzo minimo.

Adesso arriva questa sentenza, che a nostro avviso va a danno in primo luogo degli stessi tifosi del club bianconero, perché renderà falsata ogni singola vittoria della squadra nei tempi a venire.

Resta peraltro, su questa vicenda, lo scoglio della UEFA, che ha già anticipato una sanzione severa, e che non sembra voler applicare la stessa indulgenza della FIGC.

Soprattutto resta aperto il processo penale, una spada di Damocle che, a questo punto, pende non solo sugli imputati della Juventus, ma che potrebbe rendere conclamata la vergogna di questo patteggiamento

Diego De Mattia

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