Mancini e Gravina: L’estate della vergogna per il povero calcio italiano
Non chiamatelo fulmine a ciel sereno: le dimissioni di Roberto Mancini da ct della nazionale arrivano a chiudere il cerchio su una stagione a dir poco tormentata per la FIGC, e in particolare per il suo Presidente Gabriele Gravina.
Mancanza di fiducia e disaccordo sulle recenti nomine dello staff, queste, sembra, siano state le cause del divorzio.
Addio facilitato, a quanto si dice, dai 40 milioni offerti per allenare la nazionale araba (a proposito: negli ultimi tempi tra i nostri media sembra svanita la morale “doppiopesista” che aveva accompagnato i mondiali in Qatar, non si parla più di diritti umani violati e l’Arabia, almeno nel calcio, sembra davvero avviata a quel Rinascimento che qualcuno più lungimirante di noi prefigurava diversi anni fa).

Ma a parte questo, sulla scelta del Mancio sembra aver pesato una clausola contrattuale che lo avrebbe costretto al licenziamento in caso di mancata qualificazione ai prossimi europei, e, soprattutto, alcune divergenze con Gravina nella scelta dello staff tecnico.
La FIGC aveva infatti rivoluzionato il team, sostituendo Evani con Barzagli e, soprattutto, Buffon: una scelta assai discutibile, visti certi trascorsi non proprio encomiabili dell’ex portiere.
Come se ciò non bastasse, sembra che anche Bonucci sia in procinto di entrare nello staff azzurro: un grosso favore alla Juve, con cui il difensore ha avviato un braccio di ferro legale; ma anche nel suo caso non possiamo dimenticare alcune ombre del suo passato, tra accuse di combine e voci di ricatti ai compagni di squadra e di nazionale per convincerli ad assumere il suo procuratore.
A questa situazione si sono aggiunti i problemi per la scelta del sostituto, individuato in Luciano Spalletti.
Aurelio De Laurentiis, lungi dal rinunciare ai 3 milioni di penale per liberare il tecnico di Certaldo, ha ferocemente criticato l’operato di Gravina, stigmatizzando il suo atteggiamento dilettantistico e l’incapacità di gestire adeguatamente il rispetto dei contratti con i dipendenti della federazione. Difficile dargli torto.
Le dimissioni di Mancini seguono di pochi giorni quelle dell’allenatrice della nazionale femminile, Milena Bertolini, che ha lasciato la panchina azzurra dopo la debacle ai mondiali.

Anche nel suo caso sembra vi siano stati divergenze nelle scelte dello staff, e una mancanza di fiducia da parte della Federazione, evidenziata dall’inopinata assenza di Gravina e di qualunque altro dirigente ai mondiali in Nuova Zelanda.
In precedenza, l’eliminazione al primo turno degli europei della Under 21 azzurra aveva corroborato i tormenti e le critiche alla federazione.
In tutto questo, immancabile come il Natale e la Pasqua, la solita sequela di squalifiche, fallimenti, ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato, che evidenziano ancora una volta lo stato di profonda crisi del calcio italiano.
Reggina retrocessa, Lecco no, Brescia forse ripescato, serie B forse a 21 squadre: la consueta teoria di pasticci, incertezze e bilanci sull’orlo del precipizio, di cui la FIGC si accorge quando i buoi sono da tempo fuggiti.
Le tre finaliste nelle competizioni europee di club (peraltro tutte sconfitte) avevano alimentato speranze sullo stato del nostro calcio, tra l’altro al termine di una stagione in cui lo stesso Gravina era stato a lungo sulla graticola per le sue posizioni nei procedimenti sportivi sulla Juventus.
Il secondo processo, chiuso con un patteggiamento farsesco, le improvvide dichiarazioni di giubilo dello stesso Gravina (“un successo per il calcio italiano”) e altri retroscena che lo hanno visto spesso troppo schierato al fianco di Andrea Agnelli, hanno tolto ulteriore credibilità alla FIGC, in un contesto in cui il nostro movimento è ormai relegato alla periferia del calcio che conta.
I grandi campioni ormai snobbano il nostro campionato, e ancor peggio va alla nazionale, esclusa dalle ultime due edizioni dei mondiali. In una recente intervista Gravina ha dichiarato che le sue eventuali dimissioni non solo non migliorerebbero la situazione, ma la peggiorerebbero senz’altro.
In attesa di sapere quale sia il beneficio apportato, per noi è già una notizia scoprire che le cose potrebbero andare anche peggio di così
Diego De Mattia
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