La Germania ferma l’invio di armi a Kiev: svolta diplomatica per l’Europa ?

Ha segnato un punto di discontinuità con la linea europea la decisione del cancelliere tedesco Olaf Scholz di interrompere l’invio di armamenti pesanti agli ucraini.

Il discorso di Scholz, accolto a Kiev con “grande delusione e amarezza”, non è tuttavia un fulmine a ciel sereno nei rapporti tra Germania e Ucraina in questi due mesi di guerra.

Il cancelliere tedesco durante l’ annuncio del no all’ invio di nuovi aiuti militari a Kiev

Se all’indomani dell’invasione il cancelliere aveva tenuto un toccante discorso al Bundestag, in cui manifestava sdegno per l’azione di Putin e incondizionata vicinanza agli aggrediti – ai quali prometteva la consegna di forniture militari – nelle settimane successive i toni avevano assunto connotazioni più pragmatiche e i rapporti tra Berlino e Kiev si erano fatti via via più tiepidi.

Già nei primi giorni di marzo Scholz aveva recisamente escluso l’ipotesi di embargo energetico alla Russia, posizione poi riconfermata in seguito dai membri della coalizione di governo; poi c’era stato il discorso di Zelensky al Bundestag, accolto con imbarazzante freddezza da Scholz, che successivamente era stato costretto al mea culpa per non aver avviato un dibattito con il leader ucraino; una settimana fa, infine, il no di Zelensky alla visita del Presidente Steinmeier a Kiev, in seguito al quale Scholz non aveva esitato a definire “irritante” il comportamento dell’ex comico.

Scholz dice no a Zalensky sull’ invio di nuovi armamenti

In questo clima è dunque arrivato lo stop a nuove forniture militari da parte di Scholz (su cui la Bild – parafrasando il più noto e fortunato “merkeln” – ha già coniato il verbo “scholzen”, tentennare), che ha provocato divisioni tra l’opinione pubblica tedesca e all’interno della stessa coalizione di governo, con i Verdi piuttosto critici per la decisione.

A corroborare la polemica è giunto Sigmar Gabriel, ex presidente Spd, che, dopo aver difeso la decisione di Scholz, è stato avvistato ad Hannover presso la residenza dell’ex cancelliere Gerhard Schroder, noto per la sua amicizia con Putin e la sua attività di lobbista in quota Gazprom. 

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Il polverone che ne è seguito si aggiunge al presunto scandalo che ha coinvolto Manuela Schwesig, governatrice del land di Meclemburgo-Pomerania, che avrebbe creato una fondazione ambientalista “di comodo” per favorire la messa in opera del gasdotto Nordstream 2.
A prescindere dalle singole questioni, risulta comunque evidente la volontà di Scholz di non alimentare la guerra e non troncare le relazioni con Mosca; soprattutto, di riprendere quanto prima la via della diplomazia per arrivare a un negoziato efficace. Lo stop all’invio di armi, giustificato inizialmente dallo stesso Scholz con l’improbabile scusa  dell’esaurirsi del materiale bellico disponibile per l’esportazione, rappresenta da un lato una interruzione dell’escalation bellica, dall’altro un primo passo verso un riaccreditamento di Berlino come interlocutore attendibile nel processo diplomatico di pace.
 
Diversa, ma non opposta, la posizione di Macron, impegnato in questi giorni nella corsa per il rinnovo del  mandato in una competizione elettorale che lo vede opposto a Marine Le Pen, di cui sono note le contiguità politiche (e forse anche economiche) a Putin.

Macron tra la gente durante la campagna elettorale

Macron, pur continuando nel sostegno militare agli ucraini, ha sempre mantenuto aperti i contatti con Mosca.

E’ stato il primo (e unico) leader europeo a riprendere Biden dopo il suo incauto discorso in Polonia, e ad ammonirlo sul rischio di ripercussioni sul conflitto di un’escalation verbale.

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In un recente discorso, pur sottolineando la necessità di mantenere gli aiuti militari e finanziari all’Ucraina, Macron mette in guardia dal rischio di escalation  verticale – con il ricorso ad armi nucleari o comunque non convenzionali – e orizzontale, con il coinvolgimento di ulteriori paesi nel conflitto. Armi e sanzioni, dunque, ma anche – soprattutto – diplomazia perché, evidenzia il leader francese, se si interrompe il dialogo il rischio è quello di una frattura del mondo in due fazioni, in cui la contrapposizione di Russia e Stati Uniti porterebbe inevitabilmente l’Europa a uno stato di vassallaggio e disgregazione.

Diego De Mattia

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