La dirigenza della Juve crolla per l’inchiesta falso in bilancio. Si chiude un’era, tra luci ed ombre
Alla fine si sono dimessi, Agnelli, Nedved e tutti i componenti del CdA. Si chiude un’era, dunque: vincente, ma anche piena di polemiche e di scandali.
Andrea Agnelli lascia la presidenza con una lunga lettera, in cui evidenzia nella mancanza di coesione in seno al CdA la causa scatenante di queste dimissioni, che potrebbero essere, tuttavia, solo l’inizio del cataclisma in casa Juve, e che, secondo alcuni, servirebbero a scongiurare ulteriori conseguenze sul club e sui diretti interessati, sui quali pende la richiesta di carcerazione preventiva (per ora rigettata) da parte della Procura di Torino.
Il figlio di Umberto Agnelli (e nipote dell’Avvocato) ha rivendicato la lunga serie di successi sportivi, il record dei nove scudetti consecutivi, le due finali di Champions (“il più grande rimpianto”) ma anche lo stadio di proprietà, i primi ad avere una serie tv su Netflix e Amazon, l’ingresso nell’elite dei club europei.

Da Pirlo a Pjanic, da Tevez a Higuain, da Vidal a Pogba: tantissimi i campioni che hanno vestito la maglia bianconera in questi anni. Il più illustre (e più costoso) sicuramente Ronaldo, che non è riuscito a garantire l’atteso salto di qualità del club, e il cui contratto è stato all’origine del buco di bilancio in cui è progressivamente precipitata la Juve.
Per lui, si dice, siano arrivati alla rottura Agnelli e Marotta, che già allora avvertiva gli eccessivi rischi di quella operazione dissennata.
Anni di grandi trionfi dicevamo, ma anche di polemiche e scandali. Le accuse di collusione con la ‘Ndrangheta nella gestione dei biglietti dello Juventus Stadium; il caso-Suarez, l’esame farsa organizzato con l’Università di Perugia per far ottenere il passaporto italiano all’uruguayano; lo scandalo della Superlega, il “golpe” con cui, insieme a Real e Barca, Agnelli tentò di rovesciare l’ordine calcistico europeo e creare un campionato per soli ricchi.
E poi le liti da osteria, gli atteggiamenti da ultras dello stesso Agnelli e di Nedved, la tribuna dello Stadium spesso trasformata in curva, con insulti e gestacci ad avversari e arbitri.
Per la Juve è già tempo di guardare avanti, e il futuro non sembra più roseo del presente. Estromessa dall’Europa che conta (con la peggior performance degli ultimi 10 anni), molto attardata in classifica, ora rischia pesanti sanzioni anche in ambito sportivo, che potrebbero arrivare addirittura alla retrocessione se venisse accertato che l’iscrizione agli ultimi campionati è stata ottenuta grazie alla falsificazione dei documenti contabili.

La revisione del progetto di bilancio, ripetutamente richiesta dalla CONSOB, porterà inevitabilmente conseguenze anche sulla gestione sportiva, ma le minacce più concrete ora arrivano dalla giustizia ordinaria, con una serie di reati contestati dalla Procura torinese che vanno dalla “manipolazione del mercato”, a “false comunicazioni sociali di società quotate” fino a “ostacolo alla Vigilanza” e “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti”.
Ci ha molto colpiti, nella lettera d’addio di Agnelli, il richiamo a quello che da sempre è il mantra di questo club: “chi lavora per la Juve ha un solo obiettivo, vincere!”. La vittoria come unica cosa che conti: è uno slogan che non ci è mai piaciuto, che porta con sé un carico di valori distorti che sono il contrario di quello che dovrebbero essere i valori dello sport. Ma al di là dell’aspetto morale, stupisce, e non poco, che si insista sulla necessità della vittoria a ogni costo proprio nel momento in cui si viene a conoscere il prezzo di quelle vittorie.
Negli ultimi trent’anni il club bianconero è stato coinvolto in una indicibile serie di scandali giudiziari, dal doping a calciopoli. In un mondo sempre più attento e sensibile ai temi della responsabilità sociale d’impresa, è auspicabile che il nuovo management della Juve possa marcare un netto cambio di passo su questo aspetto: vincere è importante, ma farlo rispettando le regole lo è molto di più
Diego De Mattia
