Il punto sulla Serie A: male la Roma contro un Napoli top. Si confermano Lazio e Milan. Juve e Inter in ripresa
Un fine settimana denso di emozioni e di scontri al vertice quello che ci ha regalato l’undicesima giornata del campionato di serie A.
Partiamo dalla fine con Roma – Napoli, la gara di cartello: i partenopei vincono con un gol spettacolare del suo cannoniere e si confermano tra i pretendenti al titolo.
Dopo aver già battuto in trasferta Lazio e Milan, l’undici di Spalletti segna l’undicesima vittoria di fila proprio nello stadio in cui il tecnico toscano centrò un record simile sulla panchina della Roma.

La squadra campana si mostra ancora una volta solida e affidabile in tutti i reparti, continua a ruotare uomini e soluzioni mantenendo inalterata la qualità del suo undici, e soprattutto, dimostra una tenuta psicologica notevole anche di fronte alle insidie di un match che era diventato complicato da sbloccare.
I più nostalgici (e meno giovani) ricordano che, nell’ottobre di 36 anni fa, gli azzurri iniziarono la rincorsa allo scudetto violando l’Olimpico con lo stesso risultato, con un gol di Maradona sotto la Curva Nord.
La Roma, dal canto suo, fallisce per l’ennesima volta l’esame di maturità come le accade ormai da tempo, quando, al cospetto di una squadra che la precede in classifica, ne esce ridimensionata nella mentalità e nel (non) gioco, prima ancora che nelle posizioni di vertice.
Mourinho, intervistato nel postpartita, ha dichiarato di aver cercato la vittoria nello stesso modo in cui il Napoli l’ha trovata: facendo due tiri e un gol.
A noi invece sembra che i partenopei abbiano fatto molto più di due tiri, soprattutto nel secondo tempo, in cui hanno avuto almeno quattro occasioni più o meno nitide, dominando per lunghi tratti la gara, mentre la Roma non si capisce come avrebbe potuto vincere senza mai tirare in porta (non accadeva dal 2015) e con un quarto d’ora conclusivo in cui, seppur in svantaggio, non è riuscita a superare la metà campo.
La squadra della Capitale in questi confronti entra in campo con una esasperante timidezza, sembra aver paura anche di se stessa, attacca sempre con due – massimo tre – uomini, e in certe azioni – pur con l’avversario scoperto – rinuncia ad affondare per timore di esser colpita in contropiede.
Il suo allenatore sembra più preso da continui (spesso assurdi…) confronti con la squadra arbitrale che con gli avversari in campo, e, quando si perde, invariabilmente si vanno a ricercare gli errori del fischietto invece che i propri.
Il percorso di crescita di una squadra – come mostra il mirabile esempio del Milan – non può che passare per partite in cui si propone un calcio e una mentalità di ben altro spessore, anche a costo di incassare sconfitte: puntare allo 0-0 non va in questa direzione, anzi, segna continui regressi a fronte, quando anche si riesca a raggiungerlo, di un punticino in più.

Mentalità e gioco sembra invece stiano diventando un marchio di fabbrica della Lazio, che ieri ha impartito un’autentica lezione di calcio all’Atalanta.
I biancocelesti non subiscono gol da 569 minuti, che per una squadra con spiccata vocazione offensiva sono un’autentica perla.
Sebbene privi del loro bomber e uomo simbolo, ieri hanno dominato l’avversario per almeno due terzi di gara, segnando due gol e sfiorandone altri, mentre Provedel è rimasto tra i pali da spettatore non pagante. L’undici di Sarri sembra aver introiettato la filosofia e gli schemi del suo mister, e ha le carte in regola per competere ai massimi livelli del campionato.
Sabato si è giocata Fiorentina – Inter, con il successo last second dei nerazzurri. Match pirotecnico, accompagnato da polemiche sulla direzione di gara, liti da osteria tra i rispettivi dirigenti e inqualificabili scene di violenza sulla tribuna del Franchi.
L’Inter l’ha spuntata grazie a un gol in extremis di Mkhitaryan, dopo che, in vantaggio per tre volte, si era fatta rimontare dai viola. La squadra di Inzaghi è in ripresa, ma ben lungi dall’esser tornata la corazzata che sembrava destinata a stravincere il campionato: a tratti appare dominante, con Lautaro e Barella tornati in grande spolvero, ma a ogni gol fatto commette l’errore di abbassarsi troppo e portarsi gli avversari in area, subendo continue rimonte.

Riguardo all’arbitraggio, al di là delle contestazioni dei viola, va evidenziata la concessione di un rigore molto simile a quello che a Roma è stato prima assegnato, poi cancellato dal VAR. Questo caso conferma la necessità di una regìa del video-arbitro accentrata, gestita da un nucleo di specialisti che operano da remoto, per produrre decisioni univoche e coordinate.
In ripresa è apparsa anche la Juventus, che ha avuto facilmente ragione di un Empoli apparso troppo dimesso: e’ presto per dire se i bianconeri siano tornati competitivi, serviranno ben altri esami, il primo dei quali è in arrivo già martedì, in Champions con il Benfica.
Anche il Milan ha vissuto un pomeriggio tranquillo contro il Monza, in una partita più significativa per l’amarcord del ritorno a San Siro di Galliani da avversario, che per i contenuti tecnici che ha presentato.
La squadra di Pioli mostra una compattezza e una tenuta invidiabile anche quando mancano i suoi assi principali, e ha trovato in Origi una ulteriore alternativa alla sua proposta offensiva.
Per le parti basse della classifica, il Bologna ha battuto il Lecce, grazie anche a uno di quei rigori disposti dal VAR che da un po’ di tempo (per fortuna) non vedevamo (e torniamo al discorso di cui sopra).
A Salerno, infine, i granata hanno battuto lo Spezia con un gol dello scatenato Mazzocchi. Ma lo spettacolo vero, all’Arechi, si è vissuto nel prepartita, con l’addio al calcio giocato di Franck Ribery: ha fatto un certo effetto vedere questo grande campione, protagonista ai massimi livelli europei per almeno quindici anni, in lacrime davanti ai tifosi che l’hanno potuto ammirare al tramonto di una fenomenale carriera.
Diego De Mattia
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