Il G7 fissa un ‘price cap’ del petrolio russo a 60 dollari al barile

Il G-7 batte finalmente un colpo e stabilisce un Price Cap del petrolio russo a 60 dollari al barile. Il piano sostenuto dagli Stati Uniti mira quindi a limitare le entrate petrolifere della Russia mantenendo costanti le forniture globali, almeno nelle intenzioni

L’accordo tra Australia Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti è dunque arrivato poche ore dopo che l’Unione Europea aveva trovato una quadra sulla cifra.

Anche la Polonia, che negli ultimi giorni aveva insistito per un limite inferiore, ha accettato i 60 dollari al barile, aprendo la strada all’accordo.

La borsa di Amsterdam fissa il prezzo del petrolio

Il limite vieterà alle compagnie occidentali di finanziare o spedire petrolio russo a meno che lo stesso non venga venduto a 60 dollari al barile. 

“Il limite di prezzo ridurrà immediatamente la più importante fonte di entrate per la Russia”, ha dichiarato in una nota il segretario al Tesoro degli Usa Janet Yellen, principale organizzatrice del piano.

Intanto i funzionari russi minacciano di interrompere le esportazioni di petrolio in risposta all’imposizione, sostenendo che la limitazione distorce le dinamiche di mercato e potrebbe portare a un aumento dei prezzi globali, anche se non ci sono segnali sui mercati che la Russia ha iniziato a ritirare il suo petrolio dai mercati globali.

“L’accordo dell’UE su un tetto massimo del prezzo del petrolio, coordinato con il G-7 e altri, ridurrà significativamente le entrate della Russia”, ha dichiarato venerdì in un tweet la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. 

“Ci aiuterà a stabilizzare i prezzi globali dell’energia, a vantaggio di altre economie” ha poi concluso

Marco Boggi

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