Finale scudetto, gara 6: la Virtus travolge Milano (85-66) ed ora si decide tutto in una notte

Coraggio, cuore, garra e una classe infinita: c’è tutto nella travolgente vittoria della Virtus, che batte l’Olimpia e riporta la serie a Milano per l’ultima, decisiva, sfida.

Una partita dominata dal primo all’ultimo minuto dalle V nere, che ieri hanno mostrato di meritare questo scudetto con una schiacciante superiorità sugli avversari.

Milano è stata in partita per 20 minuti, ma anche nel primo quarto – chiuso avanti di 4 punti, grazie a un jolly da metà campo di Voigtmann – non hanno mai dato la sensazione di poter competere con gli avversari.

Il secondo quarto merita un commento a parte, e quello che abbiamo visto non ci è piaciuto per niente.

Più del solito e molto più del tollerabile. Diciamolo con chiarezza: se Messina e i suoi uomini sono andati alla pausa lunga sotto di soli 6 punti, lo devono esclusivamente alla terna arbitrale.

Ci riesce difficile elencare le decisioni assurde e unidirezionali con cui i fischietti hanno tenuto in vita l’Olimpia.

Dopo una lunga serie di incredibili chiamate, abbiamo provato sincera compassione osservando l’espressione smarrita di Paternico’, di fronte ai monitor che era andato a consultare per tramutare un fallo fischiato a Hackett in antisportivo: monitor che invece gli restituiva le immagini di un fallo che lo stesso play bolognese aveva chiaramente subito da Datome, che furbescamente si era spostato nella direzione di corsa del talento virtusino

Comunque vada a finire questa serie, noi un verdetto lo possiamo già emettere: gli arbitri non sono stati all’altezza di questa serie di finali.

Non è una novità, ma sicuramente un elemento che sta pesando in maniera determinante in una serie combattutissima, in cui anche un solo fischio può fare da spartiacque tra vittoria e sconfitta.

Il match ha ricalcato il copione di gara 4, ma stavolta i felsinei hanno mantenuto la concentrazione fino al 40’ e hanno mostrato una superiorità che Milano non ha mai fatto intravedere nelle sue vittorie ad Assago.

Hackett, in formato MVP, ha dominato il match in attacco e in difesa, con una cattiveria e una varietà di soluzioni difficili da ritrovare in un solo uomo; Cordinier – salito di giri anche offensivamente – ha annichilito Shields; il solito Belinelli ha devastato la difesa milanese con i suoi tiri dall’arco, ma anche Shengelia, Jaiteh e Ojeleye hanno fornito un contributo determinante.

Per Milano soltanto Melli, Voigtmann e Datome hanno provato a resistere, ma con Napier, Baron e Shields praticamente annullati dalla difesa delle V nere, non c’è stata speranza. Venerdì la bella ad Assago.

Gara 7, tutta un’altra storia, si dice in questi casi. Solo chi ha vissuto sfide di questo genere sa quanto pesi la palla in queste partite, e quanto, spesso, il fattore campo diventi un fattore psicologico imprevedibile.

I meno giovani ricordano senz’altro la storica “bella” con cui la Phonola Caserta di Marcelletti, Nando Gentile ed Esposito sbancò Milano e vinse il suo primo scudetto, ma anche Curry e compagni – più recentemente, nelle Finals 2016 contro Cleveland di Lebron James – potrebbero testimoniare quale sorta di strano sortilegio possa incombere spesso tra quelli che ospitano il match decisivo.

Palla a due domani sera ad Assago, ore 20:30. Noi speriamo di vedere una partita memorabile, e che, insieme a una delle due contendenti, vinca il Basket!

Diego De Mattia

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