Finale scudetto, gara 2. Tra le polemiche vince ancora Milano ma è Basket o farsa?
Lanzarini, Giovannetti, Gonella: Tre nomi che, ai più, dicono assai poco. Eppure sono stati i tre protagonisti in campo nella seconda sfida-scudetto tra Milano e Virtus Bologna.
Minuti 39, secondi 55 sul cronometro del Palasport di Assago, Milano: L’Olimpia ha 1 punto di vantaggio e palla in mano dalla rimessa.
Melli riceve ma non controlla, sfera in out. Rimessa Virtus? No. Uno di quei tre, il più arguto – Lanzarini – completa il suo pomeriggio memorabile inventando (letteralmente: inventando!) un fallo che neanche lo stesso Melli aveva avuto il coraggio di reclamare.
Con quella decisione Milano si porta a +3 e spegne definitivamente le speranze di rimonta dei felsinei. È solo l’ultimo, ma non il più clamoroso, dei colpi di genio della terna arbitrale, che ancora una volta, come accade da due anni, decide la sfida.

Non siamo riusciti a tenere il conto delle invenzioni e delle assurdità dei tre fischietti in questa partita, che Bologna, pur commettendo errori nel finale, avrebbe strameritato di vincere.
Una collisione cercata da Shields ad arte; una serie di tuffi di Napier (il Pippo Inzaghi del basket a tutti gli effetti) premiati sempre con tiri liberi;
Baron che esce dal campo per smarcarsi (fallo tecnico, da regolamento) gli arbitri guardano altrove, ma lo vedono bene appena vi rientra, per assegnargli fallo a favore;
Shengelia lanciato in solitaria a canestro, Shields cala la mannaia sul suo braccio, un chiaro fallo antisportivo è tramutato in fallo semplice;
Una gomito di Shields che si allarga pericolosamente sul viso di Pajola, che evidentemente non incassa come dovrebbe, perché gli arbitri regalano altri due liberi all’ala dell’Olimpia (e i cronisti – su cui pure ci sarebbe da dire per l’evidente faziosità – che si lasciano andare ad un “in NBA sarebbe punita la gomitata: no, non in NBA, sarebbe punita ovunque, tranne che ad Assago).

E poi l’immancabile fallo tecnico chiamato alla panchina di Scariolo, che evidentemente non gode della stessa tolleranza dei fischietti verso il dirimpettaio Messina.
Una partita brutta, in cui Bologna ha provato l’allungo fino al +7, ma è stata raggiunta e superata nel terzo quarto, con i milanesi che sembravano al sicuro con un +10, fino all’epilogo di cui abbiamo detto.
Un finale convulso, con molti errori pesanti, soprattutto ai liberi, della Virtus: Shengelia ne sbaglia 3 di fila, Hackett completa l’opera; e poi un time-out inopinatamente chiamato da Scariolo, che si priva così della chance finale.
Ma a nostro avviso la partita è segnata dal primo all’ultimo minuto dalle decisioni dei tre arbitri. Milano e Bologna quest’anno si sono confrontate 4 volte in campionato: 3-1 per i rossi.
In Eurolega la sorte si ribalta: due partite, due vittorie di Teodosic e compagni. Senza quei tre, o qualche loro connazionale, qualcosa si inceppa, evidentemente, nella squadra di Messina.

Come se tutto ciò non bastasse, post-gara segnato dalle intemperanze dei tifosi, che vengono a contatto con i giocatori delle V nere. Squalifica del campo… tramutata in ammenda di pochi euro.
Il Basket italiano negli ultimi 20 anni ha subito una continua emorragia di appeal, di audience e anche di credibilità.
Milano, unica italiana ad aver acquistato il pass per l’Eurolega (Bologna l’ha vinto sul campo, in Eurocup), vi partecipa da anni da autentica squadra materasso, senza alcuna possibilità di competere con spagnoli, greci, turchi.
In Italia, l’unico avversario in grado di tenerle testa, è costretto a soccombere nel modo che abbiamo visto, come un anno fa.
È evidente che in un simile circolo vizioso nessuno progredisca, anzi, vi sia una forte spinta al peggioramento per tutti. Un darwinismo al contrario.
E in questa sorta di Circo Barnum, dove i tre vestiti d’arancione sono i protagonisti di un copione che sembra già scritto in anticipo, i più penalizzati -secondo noi – sono proprio i tifosi di Milano, che si vedono defraudati di una vittoria onesta, che potrebbero raggiungere, forse, anche senza aiuti
Diego De Mattia
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