Davide Nicola: l’uomo del 7% che fa miracoli al 100%
Alla fine la Salernitana ce l’ha fatta, il miracolo si è compiuto e, seppur con l’aiuto del Venezia, il club campano si è salvato e può festeggiare la prima – storica – permanenza in serie A.
Diversamente da quanto accade di solito in questo genere di imprese, non è un miracolo che viene da lontano, anzi: a dicembre sembrava che questo club non potesse avere un futuro nel calcio a causa delle vicissitudini societarie della passata gestione e invece è subentrato, last-minute, un imprenditore – Iervolino – che, in attesa di ulteriori riscontri, possiamo già definire serio e preparato.

La sua prima mossa è stata illuminata e decisiva: ha chiamato il numero uno, il “Messi” dei direttori sportivi, quel Walter Sabatini che ovunque vada lascia una lunga scia di fenomeni e campioni scovati nei più reconditi angoli del pianeta. Entrambi sapevano che il tempo era poco e la situazione di classifica ormai compromessa, conveniva quindi pianificare il futuro della squadra, cercando di concludere la stagione in modo dignitoso.
Si dice che ci sia stata qualche discussione allora, tra i due, per la scelta del mister: Colantuono sembrava ormai inadeguato, qualcuno aveva proposto il ritorno di Castori, si era fatto il nome di Pirlo, ed invece la scelta cade su Davide Nicola, appassionato di Platone e Nietzsche, di professione uomo dei miracoli, o mister 7%, se preferite: quella, infatti, era la probabilità di salvezza che i bookmakers assegnavano alla Salernitana al momento del suo ingaggio.

Nicola è un allenatore che ha ottenuto l’abilitazione a Coverciano con una tesi intitolata “Leader… si nasce o si diventa?”, un trattato in cui non si trova una parola di tattiche o moduli di calcio, ma che potrebbe essere la tesi di laurea in Scienze della Comunicazione o in Psicologia. Il primo assioma che sviluppa rimarca un concetto solo in apparenza banale: per motivare un giocatore affinchè ottenga la miglior versione di se stesso, deve essere l’allenatore, in primis, a essere motivato. Ed in effetti il primo discente delle sue tesi è lui stesso. Nicola, infatti, nel 2014 conosce una di quelle tragedie dalle quali pochi uomini escono in piedi, la morte del figlio di soli quattordici anni che lo segna profondamente, ma non lo spezza.

Il miracolo, in questi casi, non è tornare ad allenare ma trovare la forza di alzarsi dal letto al mattino. Probabilmente quella tragedia lo rifornisce del carburante con cui anima se stesso e fa esplodere cuori e polmoni dei giocatori che va ad allenare. Davide Nicola oggi potrebbe tenere una cattedra di coaching motivazionale ad Harvard, riuscirebbe a motivare anche un impiegato del catasto a due mesi dalla pensione.
Con queste premesse, Sabatini rovescia la squadra come un calzino: arrivano Ederson e Bohinen, due giovani semisconosciuti che prenderanno subito le chiavi del centrocampo. Poi Sepe e Radovanovic, ma soprattutto Perotti, Fazio e Verdi, tre elementi che hanno conosciuto ben altri lidi calcistici, ma che ormai da anni sembrano avviati sul viale del tramonto. Fazio, in particolare, è reduce da due anni con la Roma in cui non ha giocato neanche le amichevoli estive, impegnato in un di braccio di ferro con la società che, sulla scia di quanto fatto con Dzeko, Pedro, Florenzi (solo per citare gli ultimi), vuole assolutamente liberarsi del suo passato.

Con Nicola, il Comandante torna ai suoi giorni migliori, dirige la difesa ed è subito un leader in campo, in certe partite sembra addirittura un mix tra Baresi e Maldini.
Un altro simbolo della trasformazione diventa Simone Verdi, passato dalle stagioni gloriose di Bologna alle infinite, deprimenti panchine con il Torino: un calciatore di classe se ce n’è uno, con una capacità unica al mondo di calciare con entrambi i piedi con la stessa qualità, ma condizionato nel rendimento dalla fiducia che sente, o non sente, intorno a sé. Alla prima uscita, contro lo Spezia, mette due punizioni all’incrocio dei pali. Tutta la squadra appare subito trasformata e ferma persino il Milan sul 2-2, non perde più insomma, ma pareggia troppe partite: il gap dalle altre è comunque ampio e manca una fiammata che possa ridare slancio alle poche speranze di salvezza.

Quando perde in casa con il Torino, poi, la retrocessione sembra oramai inevitabile, eppure, anche quella sera, sotto una pioggia battente Nicola raduna i suoi in mezzo al campo e fa sapere a tutti che la Salernitana non si arrende. Nessuna sa cosa dica in quegli huddle, ma immaginiamo che è proprio lì, in quei momenti intimi con i suoi uomini che nascono i miracoli di Nicola.
La riscossa infatti parte da Genova, contro la Sampdoria, con un gol di Fazio che suona la carica. Tre giorni dopo, a Udine, Verdi, in pieno recupero, firma il successo dei suoi; quando arriva la terza vittoria consecutiva contro la Fiorentina il miracolo prende forma e sostanza. Adesso la squadra vola, è diventata consapevole e cattiva, ha la faccia del suo allenatore che da bordo campo la trascina. Domina l’Atalanta, anche se una disattenzione nel finale la priva del successo, ma poi batte il Venezia – ancora con un gol di Verdi – e raggiunge il quart’ultimo posto, buono per la salvezza. Da lì in avanti qualcosa si inceppa, perde i due matchpoint contro il Cagliari – che la raggiunge al 97’ – e contro l’Empoli, con un rigore sbagliato nel finale. Probabilmente la squadra sente il peso dell’impresa, la responsabilità di chi ha fatto tanto e non gioca più senza aver nulla da perdere. Fino all’epilogo, in cui sappiamo tutti com’è andata, la salvezza raggiunta grazie al clamoroso pari del Cagliari che non riesce a segnare davanti al retrocesso Venezia.

Alcuni dicono che questa rimonta sia stata resa possibile dal mediocre livello della Serie A; noi pensiamo che, indipendentemente dalle capacità tecniche, certe imprese riescono dove ci sono uomini disposti a crederci.
Anche di quell’ultima serata ci resta un’immagine, che non è quella epica, da film, preparata dai tifosi sugli spalti: è Davide Nicola, nei minuti finali di una partita ormai senza storia, che si rivolge ai suoi uomini in panchina e li invita a metter via i telefoni su cui stanno seguendo Venezia – Cagliari, perché la loro partita è lì, sul campo. Perché lui, Davide Nicola, allenatore di calcio, appassionato di filosofia, deve averlo preso proprio sul serio il motto della Salernitana: Macte Animo!
Diego De Mattia

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