Basket: la Virtus vince gara 5 e allunga la serie scudetto nonostante le polemiche
La Virtus Bologna vince e allunga la serie. Una bellissima serata di basket di alto livello, con entrambe le contendenti a darsi battaglia nella magnifica cornice di pubblico della Segafredo Arena. Bologna l’ha dovuta vincere almeno tre volte, prima di aver ragione dell’avversario: Una prima fuga all’inizio, con Milano che ricuciva dal -13 al -5 dell’intervallo, che sembrava un affare per l’andamento del gioco. Un secondo allungo, a cui l’Olimpia replicava con un parziale di 12-0, che la portava addirittura in vantaggio all’inizio dell’ultimo quarto. Poi l’ultimo strappo decisivo, con Shengelia che – pur febbricitante – saliva in cattedra in versione NBA con triple, assit e una stoppata incredibile su Shields che faceva scendere i titoli di coda.
Serata magnifica, dicevamo, ma con un paio di voci stonate. Una (anzi tre) quella dei fischietti. Alla vigilia di questa serie scudetto, Baraldi – CEO della Virtus – aveva espresso i propri dubbi sui rischi di “Milano-centricità” della Lega: Una sortita che ci aveva spiazzato per intempestività e per un vittimismo incoerente con la storia e il blasone delle V nere, che tuttavia, alla prova dei fatti, non si è dimostrata infondata. L’affondo di Baraldi era stato originato principalmente dalla designazione di Pozzecco a Ct della nazionale.

La scelta della Fip in effetti ci è sembrata discutibile sotto vari aspetti. Scegliere il “secondo” di un club è, per definizione, una scelta di ripiego e presentarlo alla vigilia delle finali, poco prima di essere coinvolto con la propria squadra, e’ stata una scelta decisamente inopportuna. Presentarlo a Milano, poi, – la Fip ha sede a Roma, la Legabasket a Bologna – è quasi inspiegabile. Queste premesse, insieme ai precedenti nella serie dell’anno scorso (vinta da Bologna tirando meno della metà dei liberi di Milano), rendevano quantomeno complicato il lavoro della terna arbitrale. Dopo le prime due partite delle finals (con una vittoria per parte) scivolate via “indenni”, i fischietti sono infatti entrati pienamente nelle cronache, ed a rimetterci e’ stata senz’altro la Virtus.
Rinunciamo in questa sede all’analisi degli episodi, anche perché sarebbero numerosi, tuttavia non possiamo sorvolare su alcune evidenze: Ieri all’intervallo, con Bologna avanti 42-37, il conto dei liberi tentati era di 7-17. Uno squilibrio inspiegabile, tanto più che la Virtus aveva avuto 34 punti dal “pitturato”, dove cioè è più frequente trovare i falli. Alla fine, mantenendo più o meno la stessa proporzione, c’erano stati 51 viaggi in lunetta, un numero assurdo a questi livelli. Il conto dei falli antisportivi è parso sproporzionato rispetto a quanto visto in campo, e ancor di pù i falli tecnici chiamati alla panchina bolognese, lasciando pressochè indenni Messina e Pozzecco, personaggi che, tra le tante virtù, raramente hanno mostrato quella del fairplay verso gli arbitri.
A far da chiosa su questo tema, le dichiarazioni di Massimo Zanetti, il patron della Virtus, personaggio di indiscutibile sportività ed equilibrio, che dopo la gara ha parlato di “vittoria nonostante l’arbitraggio”, chiedendo agli arbitri di cessare la sudditanza psicologica verso Milano e verso Messina.

L’altro elemento che ha destato malumori a Bologna è quello della cronaca di Raisport. Anche in questo caso rinunciamo ad analizzare i singoli casi, ma non possiamo omettere il fatto che troppo spesso in questa serie il commento dei cronisti sia risultato sconfessato dall’evidenza delle immagini. La decisione di Scariolo di non rilasciare più interviste a Raisport e di interdire l’accesso dei cronisti ai timeout ha del clamoroso, ma non possiamo dire che sia immotivata. Un episodio, tra gli altri, ci sembra doveroso rimarcare: davanti alle immagini di Rodriguez che rifiutava le scuse di Hackett dopo un fallo, De Pol – seconda voce Rai – applaudiva il comportamento dello spagnolo, giustificandolo con il fatto di essere “nemici in campo”: non il migliore dei messaggi da veicolare, soprattutto in fascia protetta.
Insomma, una serie equilibrata e spettacolare che non ha bisogno di altri protagonisti, se non di quelli in canottiera e calzoncini.
Diego De Mattia
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